PILLOLE DI FELICITà: TAXIII!!

Scritto in collaborazione con NEOGRIGIO

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Pixabay

Episodio 18

Lucia fu subito entusiasta del suo primo approccio in terra magiara. “Devo dire che l’azienda non ha badato a spese per l’albergo, se avessi saputo che avrei dormito in una suite con letto a baldacchino avrei scelto di trasferirmi molto prima”, disse scherzando su Skype ad una vecchia collega.

La mattina dopo l’arrivo alzarsi fu un po’ più complicato. Al suono della sveglia ci mise qualche secondo a capire dove fosse e perché si trovasse lì.
In un attimo però ritornò in sé ed un largo sorriso le disegnò il volto: “nuova vita Lucia, hai un’altra possibilità, sfruttala al meglio”. Con questo pensiero preparò i documenti e scese a fare colazione, non dopo aver ben riposto la filastrocca nel piccolo dizionario acquistato in aeroporto, era ormai convinta che quel foglietto le portasse fortuna.

“Signorina Saetta, buongiorno. Si accomodi nella stanza a fianco per la prima colazione, sbrigheremo le pratiche per il suo soggiorno in un secondo momento.”

L’italiano sgrammaticato di una hostess la fece sorridere, era questo l’ approccio che doveva usare per imparare la lingua, provare e buttarsi.

Finita la colazione si diresse subito verso l’uscita. Non volle chiedere alla reception quanto distava la sede della sua agenzia né si era informata in anticipo tramite le diverse applicazioni del suo smartphone. Non poteva quindi neanche utilizzare la metro, avrebbe chiamato un taxi che l’avrebbe portata subito a destinazione.

Trovare un taxi si rivelò un’impresa ardua ma dopo qualche minuto riuscì a fermarne uno libero. Si accomodò sul sedile posteriore e dopo aver salutato mostrò al tassista il foglio con su scritto l’indirizzo, lui la guardò un po’ sorpreso, poi, sorridendo, in un perfetto inglese le disse:

“Signorina, io l’accompagnerei, ma non mi sembra il caso. Vede quell’insegna rossa all’angolo della strada? Ecco. L’indirizzo che mi ha dato corrisponde a quel palazzo. E’ un’agente di moda?”

Il tassista non attese risposta e proseguì nel suo monologo che agli occhi di Lucia stava passando dal divertente al fastidioso.

“Questa mattina siete in molti a chiedermi questo indirizzo. A quanto pare è un’azienda nuova, italiana, ma si sa, gli italiani sono casinisti e non eccellono in senso dell’orientamento.”

” Sono sicura invece che voi ungheresi abbiate una bussola interiore… grazie mille e arrivederci, anzi anche no.”

Con un moto di collera Lucia scese dal taxi, insomma, era a Budapest da neanche ventiquattro ore e già si era fatta prendere in giro con stereotipi di bassa lega.

Non le ci volle molto però a ritornare di buonumore e s’incamminò con disinvoltura verso il passaggio pedonale.

Aveva fatto solo pochi passi ma le furono sufficienti per avere un’ottima impressione della città.

Attraversò, si fermò un attimo davanti l’ingresso dell’edificio, fece un respiro profondo ed entrò, tagliando il nastro inaugurale immaginario della sua nuova vita.

“Buongiorno. Sono Saetta Lucia, e devo incontrare il signor …..”

“Buongiorno, attenda pure qui, la annuncio e le faccio strada.”

Quanto bon ton! Anche la hall sembrava più un hotel extra lusso che la sede di uffici. La receptionist, italiana anche lei, tornò ed accompagnò la nuova collega dal responsabile. Una piccola anticamera accolse gli ultimi minuti di attesa di Lucia.

“Avanti!”

“Permesso, buongiorno, sono Lucia Saetta ed arrivo dall’ Italia. Ho deciso di trasferirmi qui per aiutarvi nello sviluppo del settore marketing di questa sede e personalmente per fare un’esperienza all’estero che mi permetta una crescita non solo professionale ma anche umana. Intendo fermarmi solo pochi mesi, così come previsto dalle mie disposizioni d’ufficio che a breve Vi consegnerò.”

Il discorso era pronto. Ancora qualche minuto e l’avrebbe pronunciato.

“Lei è?”

“Buongiorno sono Lucia Saetta ed..”

“Si sieda, so tutto di lei, non perdiamo altro tempo e cominciamo a pianificare le attività inerenti la sua mansione , sono i numeri che contano non le parole. Mi aspetto molto da lei.”

Il grande capo pronunciò queste parole su una sedia di pelle nera rivolta verso la grande vetrata da cui si ammirava la bellissima mattinata ed uno skyline sul lungo Danubio da far invidia a qualsiasi altra grande città europea.

Lucia restò inebetita ed ebbe solo il riflesso di sedersi sulla piccola poltrona posta di fronte alla scrivania di legno massiccio, “anni ottanta” l’avrebbero definita in Italia.

“Mi dica Direttore, non vedo l’ora di iniziare…”

PERLE AL SUPER

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Le perle che più stimo sono quelle che arrivano o quando sono in macchina o quando sono al supermercato.

Tolto il fatto e chiarito il concetto che l’ignoranza avanza a prescindere dal luogo di nascita, riporto un avvenimento così come l’ho visto io. Perché riportarlo senza metterci un po’ del mio non è da me.

E poi non sono mai stata una ragazza coerente e lineare, e no, è lontano da me il pensiero di iniziare ad esserlo adesso.

Ora.

La premessa è d’obbligo perché sono certa che scatenerò l’ira di molti, ma poco mi importa, io sono e resto comunque libera di dire quello che voglio e come voglio, e no, non è mia intenzione offendere qualcuno, anche perché se volessi offendere andrei dritta al punto, facendo nomi e cognomi, e se questi non fossero sufficienti, elencherei episodi per permettere di capire più a fondo di chi sto parlando.

Ma.

Dicevo.

In casa mia sono io la responsabile che una volta alla settimana si prende carico di questo onere e si reca in quel fantastico mondo altrimenti detto SUPERMERCATO.

Si, scritto in stampatello, come se fosse urlato, perché io lo detesto, e pare che emettere un urlo quando si è stressati aiuti a ristabilire l’equilibrio.

Ecco.

Non funziona ma ci entro comunque.

Per inciso, l’urlo l’ho fatto in macchina, da sola, mentre andavo, ma niente, l’orticaria s’impossessa di me appena apro il portafoglio per prendere quella cazzo di monetina che immancabilmente non c’è per il carrello.

Anche oggi “tanto sono solo due cose”. Già.

Nel reparto latticini mi sono scontrata, con una simpaticissima giovane che con sguardo perso e abbigliamento bizzarro mi ha INAVVERTITAMENTE fatto inciampare così da farmi rompere le quattro uova appena comprate.

Ora dirai.

Beh sei una stordita, prima o poi ti sarebbe capitato.

No!

Io una stronzetta così mica l’avrei voluta incontrare eh!

Mi dice:

“ Oh scusi, ma vede?!? E’ il karma, lei compra le mestruazioni delle galline e gli spiriti degli animali si ribellano.”

Dopo essere rimasta inebetita per cinque secondi abbondanti, mi sono rialzata, si esatto, perché io nel frattempo ero a terra color passata di pomodoro.

“Senti. Io non so cosa mangi tu per essere così…Per essere così e basta. Ma a me hanno insegnato (sì, prendi il telefono e guarda cosa significa la parola insegnare) che siamo in un paese libero.
Quindi. Posso mangiare tutte le mestruazioni che voglio, e no, non devo rendere conto a te.”

La signora che ha assistito a tutta la scena, e no, non mi ha aiutato a rialzarmi perché era una spettatrice, non sia mai che esca dal ruolo… E’ intervenuta chiedendo perché non mi prudessero le mani al punto tale di alzarle e stampare in faccia una “cinquina naturale a questa ragazzina idiota.”

“No. Non alzo le mani, perché è quello che tutti si aspettano, sono una persona incoerente e mi piace restare coerente alla mia incoerenza.”

La cassa era vicina e stranamente libera.

Senza uova ho pagato la mia spesa e me ne sono andata a casa.

Ecco. E poi come può piacermi andare a fare la spesa?!?