SENSAZIONE COMUNE?

Certo è che a volte le risposte le hai proprio intorno.

È un po’ che ci penso. O meglio, è un po’ che ci RIpenso.

Mi piace osservare diverse alternative, mi piace vedere le differenti soluzioni ad un problema.

Talvolta scadendo nel banale.
Talvolta rendendomi conto che non solo la sola ad ipotizzare una soluzione al limite del reale.

Ecco.

Ancora una volta questo pensiero ha fatto capolino nella mia testa mentre scorrevo il post di Barbara Picci.

Pubblicità

ABITUDINI

Sono strana io?
Può essere.

Mi sono accorta che se solo cambio un piccolo dettaglio della mia routine quotidiana subito mi accorgo che qualcosa è diverso.

Insomma.
Riesco a vedere un altro punto di vista che fino a poco prima ignoravo.

Succede che la giunta comunale sceglie di invadere il paese con sensi obbligatori di marcia per costruire una fantastica pista ciclabile – a detta loro-.

Sai Marta, dobbiamo avere una visione green per poter sperare in un ambiente più pulito.

Giusto.
Magari la pista ciclabile dovrebbe essere un po’ più lunga e non interrompersi bruscamente.
Sbaglio io?

No no, assolutamente il tuo parere è importante.
Severo ma giusto.

Eh niente. Il senso obbligatorio di marcia è giustificato da questa nuovissima pista ciclabile che costruita in prossimità delle scuole obbligherà i genitori ad andare a prendere i figli a piedi.

Dai! Inizio io a sbellicarmi dalle risate. Potete mettervi in coda.

Eh niente.

Per andare al lavoro ho cambiato strada.

Niente più satanani che attraversano la strada impazziti.

Niente più genitori che – convinti di essere nel giusto – attraversano la strada ad cazzum, perché tu che sei in carreggiata stai sbagliando, non loro che parcheggiano dove le strisce non ci sono.

Niente più vigile crea ingorgo all’angolo perché: le scuole hanno la precedenza.

Io adesso ho cambiato strada.

E niente. Mi imbatto tutte le mattine in due vecchietti che convinti di essere arzilli inforcano la bicicletta e incastrando il bastone nel manubrio percorrono imperterriti un tratto in ciottolato.

Ecco.
Non sempre sai cosa succede quando cambi. Certo è che troverai nuove adrenaline pronte a sorprenderti.

MACCHINA PULITA

Ho dedicato la mia domenica mattina al lavaggio della macchina.
E solo questa azione potrebbe portarmi a ricevere ondate di applausi che potrebbero rischiare di assordarmi.
Ma tralasciamo.

Evitiamo di pensare anche alla fatica e al disagio – non solo fisico – nel:
(l’ordine è del tutto casuale)
Sposta in avanti i sedili, non troppo avanti. Poi spostali indietro, ma non troppo indietro.
Gestisci l’aspiratore, non perdere tempo (è limitato e costa gettoni!), togli gingilli e suppellettili che “ma questo?!?”
Pulisco i vetri. Spolvera, sistema e lucida i cerchioni.
Ecco.

Ho fatto questo.
Durante questa enorme fatica, perché per me pulire la macchina è faticoso mi cade l’occhio sulla macchina a fianco.

Ho pensato ad un esaltato della macchina che quando nota un granello di polvere sceglie di fare la disinfestazione.
Ecco, esattamente il mio opposto.
Per me era pulita, il proprietario pensando il contrario ha iniziato a fare tutto il necessario come se la sua macchina fosse zozza quanto la mia.

Ecco.
Non era solo.
In macchina aveva una zavorra.
Che detta così potrebbe sembrare tutto o niente.

Ecco.
La Lei in questione, comodamente seduta in macchina guardava imperterrita il cellulare. Avvolta nel piumino, perché nonostante il sole alto in cielo e la giornata limpida, il venticello era pungente.

Lui puliva, strofinava e ripassava e lei il nulla. NULLA.
Fino a quando scende dalla macchina e io, mentre riprendevo fiato, e spostavo un ciuffo di capelli selvaggio che mi si era appiccicato alla fronte, penso “finalmente fa qualcosa..”

“Ti sbrighi?”

Ecco.
Fossi stata in lui le avrei lanciato uno straccio e con tutto l’aplomb che mi rappresenta le avrei suggerito di dare una mano.

Lui no.
Imperturbabile come un vero possente, maestoso e tenace casalingo le risponde.
Non ancora, ma non ti preoccupare, non ti chiedo di aiutarmi

Io boh.
Sono rimasta così.

Non so perché c’era Lei che tanto non ha alzato un dito.
Sono stata solo una spettatrice che atterrita ha proseguito nel suo disagio fino a quando la macchina non è tornata a splendere. Oddio, splendere. Diciamo che ha riacquisito un colore normale e non è invasa dalla polvere.

Io quando vedo mie simili così resto atterrita.
Non vuoi lavare la macchina, non andare all’autolavaggio a prendere freddo.

Sbaglio io?

‘NA FATICACCIA

Ma a te, quando viene l’ispirazione per un titolo, commento, slogan?

Lascia stare. Nei momenti più improbabili! Non sono mica fortunata come te che ti basta fare due giochi di parole nella mente – talvolta a voce alta – e tutto appare e si risolve come per magia.

Ecco.

Me l’hanno gufata.

Di base. La creatività.

Però non vale.
Che colpa ne ho se con i miei giochi di parole riesco a risolvere o proporre alternative – quasi sempre valide – per incuriosire il lettore.
Perché?

Ci sono domande che sono senza risposta evidente.

E poi c’è il karma.

Ecco.

Mi stavo lavando.
Insaponata come se non ci fosse un domani mi viene in mente che forse potevo scrivere così, o forse se avessi cambiato l’ordine dei paragrafi, ma forse…

Presa da un raptus creativo e in fermento per non farmi sfuggire l’idea scelgo di uscire dalla doccia, nuda come un verme e scema come pochi.
Con passo leggero come una piuma, in punta di piedi pensando di gocciolare un po’ di meno scelgo di dirigermi in salotto.

Prendo il telefono, apro il blocco note e annoto.

Tanto a stretto giro avrei finito il lavaggio completo e sarei potuta tornare al mio articolo in fase di scrittura, no?

No.

Non salvo.
Sono un’idiota, lo so.
Ho perso il treno, l’illuminazione, l’idea.

Non mi arrendo.

Il testo così com’è, non è male.

Preparo la mail per l’invio.

Procedo. Cliccando invio.

Spengo il pc e …
L’illuminazione fa capolino nella mia testa.

Ecco.

Io e il mio tempismo dobbiamo lavorare.
Per la cronaca, il testo è andato comunque bene!


IMPARA A DIRE DI NO

Sto imparando.
Tra i buoni propositi per questo mio anno c’è quello di non sottovalutarmi e imparare a dire NO.

Say NO.

Sì.
Ma che fatica, però!

Mi è stata offerta una collaborazione.
Sentivo il profumo leggero della fregatura già dal primo contatto.
C’è da dire che mi sono proposta io, per poi pentirmi quasi subito.

A parte il compenso ridicolo, ma questo è un dettaglio che tanti come me conoscono nel settore.

A parte la prova che mi è stata chiesta e che ho svolto.
” Il testo di prova va bene, ma.”

No.
Non c’è un ma, perché se è vero che ho accettato di fare una prova, non significa che tu ti senta in diritto di non retribuirla.

E io ho imparato.

La prova doveva essere un ipotetico testo scritto partendo da un’ipotetica parola chiave.
E io l’ho svolto ipotizzando cosa avrei scritto in questo e quel paragrafo.

Non è andata bene.
Perché? Hai scritto solo appunti, non hai completato il task.
Gentilissimo committente, vorrei ricordarti che hai chiesto un’ipotetica prova con un’ipotetica parola chiave. GRATUITO – dettaglio, lo so.

E niente.
Tu volevi prendere in giro me, io ho preso in giro te.

Suvvia, un po’ per uno.

Tralascio il fatto che dalle mille emoji con cui è stato condito il primo messaggio siamo arrivati a zero.

Insomma, una caduta verso il basso senza via d’uscita. Immediata, perenne, senza vie di scampo.

Ho perso l’opportunità di una collaborazione.
Sto imparando a dire di NO. Perché io valgo qualcosa. Forse poco, ma è pur sempre qualcosa!