SPAESATA

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Detto da me non suona certa nuovo!
Mi sento perso, e anche se fosse nel vero senso del termine per chi mi conosce potrebbe non essere una novità.

A sto giro però mi sento persa in senso metaforico.

Voglio.
Anzi no, vorrei.

Vivere con le parole. SOLO con le parole.

Mi butto o non mi butto?
Entro a far parte del famigerato mondo delle partite IVA e rischio il tutto e per tutto o resto comoda in uno spazio che non sento più mio?

La mia domanda troverà risposta solo dentro di me. LO SO.
Ma non smetto di cercare, ascoltare e sentire pareri che disinteressati.

Perché esistono anche quelli interessati che dicono “Ma buttati! Chissenefrega!”
Sospetto che non siano detti “Per il mio bene” Ma più per il mio posto. Non lo so, non ho una certezza, e questa cosa mi manda ancor più in confusione.

Sembrava stesse andando tutto per il verso giusto, poi, qualcosa dentro di me si è incrinato.

E se stessi facendo una cazzata?
É questa la frase che sempre più spesso pronuncio a voce alta quando, immersa nei miei pensieri, vengo al lavoro in macchina.

Forse dovrei solo stare più tempo in macchina e trovare il coraggio per dire: “Mi butto”.

Mi farò male?
Eh niente.

Ancora una volta sono sovrastata da dubbi di difficile risoluzione.
Mi sono data un tempo limite.
Dicembre 2019. Entro questa scadenza dovrò aver preso una decisione, o cambio vita o lascio passare ancora una volta il treno.

Che faccio? Mi butto?

 

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PASSO DOPO PASSO

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Con il mio Bullet Journal vado che è una meraviglia.
Full color, riempio i giorni con impegni come se non ci fosse un domani.
Evidenzio, elimino, segno come fatto.

Una figata pazzesca.

Ci sto prendendo gusto.
Pensavo che fosse una perdita di tempo, che se già ho poco tempo da dedicare a quello che mi piace fare, in questo modo ne avrei avuto ancora di meno.

Sbagliavo.
Caspita se sbagliavo!

Organizzare il tempo aiuta ad ottimizzare.

Il mantra della prossima settimana, o almeno il mio mantra finché non ne troverò un altro che meglio sposa le mie elucubrazioni mentali.

So good.
Arrivo a sera che riesco ad essere felice di aver dedicato parte, anche una piccola parte della giornata a ciò che mi piace.
Ad una qualsiasi cosa che mi piace.

Depenno, giro pagina e vado avanti.

Chissà quali avventure mi aspettano domani!

 

Teresa Papavero e la maledizione di Strangolagalli

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Lei è Teresa Papavero.
Esile donna, sicura all’apparenza, direttamente dipendente dall’enorme prestigio del padre nell’inconscio.

Anche io sono un po’ come Teresa Papavero.
Questo è l’ultimo libro che ho letto.
Ancora una volta mi sono immedesimata nella protagonista traslando le sue avventure e peripezie in quella che è la mia vita attuale.

Zitella, piena di aspettative che vengono disilluse ad ogni esperienza, Teresa Papavero sceglie di tornare al paese d’origine che dista anni luce dai suoi continui fallimenti amorosi e lavorativi.
Ecco che una serie di circostanze la mettono a diretto confronto con il suo passato, perché certe situazioni prima o poi si devono chiudere, possono passare anni – venti in questo caso – ma la parola fine prima o poi si deve pronunciare.
La vicenda corre veloce, il flusso di parole ti cattura e ti permette di immergerti pienamente nella storia: TU, spettatore consapevole.
Ironico, avvincente, divertente e profondo. Se devo definire con un aggettivo questo romanzo direi che è IRADIPRO – Anche io sono fantasiosa, oggi sono in vena di acronimi! -.

Mi sento davanti ad un bivio.
Sono felice.
Stano, eh? Non è da me sbandierare ai quattro venti la mia felicità e il mio entusiasmo ingovernabile.

“Raccontaci qualcosa di te.”

Sono ancora ferma a questa domanda che in un venerdì mattina un po’ speciale, mi è stata posta.
Cosa racconto? Le mie frustrazioni? La mia gioia di vivere?

E se.
E se.
E se.

Perché in quei momenti lì, tutti i cassetti della tua mente si aprono contemporaneamente senza permetterti di ripristinare l’ordine.

E poi a me.
Io, che faccio collegamenti mentali che pochi altri come me.
Che fatico a tenere a mente i titoli dei libri che leggo, ma che ricordo perfettamente una parola, una frase, la morale.
Pensa che, talmente era tanta la polvere sollevata da alcuni cassetti relegati nell’archivio che mi sono dimenticata un titolo importante. O meglio, il mio titolo. Roba da matti, eh?
Eppure è andata così.

Ecco.

“Raccontami qualcosa di te”

Sono felice, entusiasta e piena di aspettative.
Non vedo l’ora di essere messa alla prova perché è lì che posso dimostrare se ho del potenziale.

Insomma.
Per essere breve, io voglio diventare una copywriter con le contro ovaie.

Insomma.
Per essere brevissima, io, aspirante copywriter penso che le parole stanno a zero se non sono supportate dai fatti.
La frase è una citazione, di un libro.
Vi prego, non chiedetemi il titolo, ma fidatevi sulla parola!