SETTE NANI

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Io vorrei essere così.
Beh, per l’altezza ci sono. Per il carattere devo lavorarci.

Io vorrei essere esattamente così.
Vivere in una perenne confusione è la normalità, condividere con altre sette persone mi ci devo abituare.

Insomma.

Io vorrei vivere come i sette nani.
Andare al lavoro cantando.
Spaccarmi la schiena ma essere felice.
Dormire stretta che in estate ciaone corrente.

Insomma.

Vorrei la stessa droga che usano i sette nani e vedere tutto il mondo colorato.
Io, oggi, ci metto del mio, ma non riesco ad essere tanto sorridente la mattina…

Dopo le mamme che accompagnano i pargoli in aula.

Dopo i nonnini che vanno a comprare il giornale.

Dopo la pensionata che sceglie di aggiornarsi con l’amica in mezzo alla strada.

Insomma.

Io boh, ma anche loro… mah!

 

 

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PILLOLE DI FELICITÁ #38

Ultimo capitolo di questa storia.

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RIPARTIRE DA ZERO

Il cercapersone cominciò a squillare con insistenza ma ci vollero parecchi secondi prima che Ferenc potesse tornare con la mente sulla terra e ricordarsi di essere reperibile. Scese al volo dall’autobus prima che partisse e varcò correndo l’ingresso dell’ospedale, gli ci vollero solo dieci minuti per entrare in sala pronto per operare.
Il cuore quasi gli si fermò quando si accorse che in quel letto, in arresto cardiaco, c’era proprio la sua Lucia. Ebbe qualche secondo di panico di cui si accorsero anche i suoi assistenti in attesa di sue istruzioni, poi si fece coraggio e più determinato che mai guidò l’intervento.
I minuti sembrarono ore e la concitazione fu massima finchè Ferenc si tolse i guanti e gettandoli a terra si allontanò mentre un suo assistente ripeteva la frase di rito: “ora del decesso…”.
Seduto e tremante dall’ansia Marco vide Ferenc uscire dal reparto con la tuta ancora sporca di sangue. Sembrava avere lo sguardo assente. Si fece coraggio, si alzò dalla sedia e andò a chiedere notizie. Ferenc vide un uomo andargli incontro e parlargli ma lui non capiva e sentiva nulla. Chiuse gli occhi, scrollò la testa, li riaprì e mise a fuoco. Lo riconobbe subito, come non avrebbe potuto? E rispose nell’unico modo che in quel momento gli era possibile, colpendolo al volto con un potente quanto inatteso pugno ben assestato. Marco cadde a terra, il naso e la bocca che sanguinavano copiosamente, e non provò nemmeno a rialzarsi.
Ferenc tirò dritto come se non fosse successo nulla, passò in mezzo al gruppo di persone che si erano accalcate numerose incuriosite da ciò che era successo, e si diresse verso l’uscita. Una volta fuori si strappò di dosso la tuta e contro ogni regola la buttò in un cassonetto qualunque:
Come se mi importasse più qualcosa!
mormorò.
Salì dunque sull’autobus e si diresse verso casa con la mente piena di pensieri e soprattutto di domande. Sarebbe tornato a lavoro tra qualche giorno, a consegnare le sue dimissioni, del resto non lo avesse fatto avrebbe comunque ricevuto la lettera di licenziamento dopo ciò che era successo.
Ma non aveva più senso, niente aveva più senso. Aveva dedicato tutta la sua vita al prossimo, a salvare la vita di sconosciuti e poi aveva fallito quando era stato il turno di quella a lui più cara.
Cosa avrebbe fatto adesso? Che cosa ne sarebbe stato di lui? Questo ancora non poteva saperlo, l’unica cosa che sapeva era che avrebbe ricominciato tutto dall’inizio, avrebbe cambiato le priorità della sua vita e avrebbe cercato di essere felice, se mai ci fosse riuscito.

Ed è quando stai vivendo l’apice della felicità che ti ritrovi a vivere momenti di tristezza acuti. E’ una lotta interiore, resti ancorato al passato, con le sue abitudini e certezze o ti butti a capofitto nel futuro con tutti i rischi del caso?

Scegliere se essere felice per la nuova nascita o rispettare il dolore per la perdita dell’amica d’infanzia, non esiste una risposta giusta.
Ci sono legami che nel corso della vita cambieranno forma, ma non smetteranno mai d’esistere.

 

E con questo capitolo si conclude la storia scritta a quattro mani con NEOGRIGIO

PILLOLE DI FELICITA’: NASCI, MUORI…RINASCI

E con non poche difficoltà siamo riusciti a dar alla luce il nuovo capitolo, scritto in collaborazione con NEOGRIGIO

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Lucia non vide più nulla davanti a sé. Le gambe, i piedi, sembravano ormai andare per conto loro, non poteva controllarli, non poteva fermarli, non voleva fermarli.

Macinavano come se fossero mulini, era un cingolato che spostava ogni cosa le si frapponesse davanti. Non si accorse nemmeno di aver spazzato via diverse persone il cui unico sbaglio fu quello di ritrovarsi davanti il suo cammino. Non sentì neanche l’urto della sua spalla contro la loro. Non sentì neanche lontanamente le loro proteste.

Ma non erano solo le gambe. Lucia si sentiva accaldata, le bruciavano le orecchie, le scoppiava la testa, quasi come se le uscisse del fumo, come vedeva nei cartoni animati, sentiva il cuore pulsare, sentiva solo quello in realtà.

Finché non vide più nulla.

Marco era appena uscito dalla sala parto, ancora scosso ed emozionato da ciò a cui aveva assistito, ancora sorpreso di essere diventato padre. Si accorse solo dopo qualche minuto del gruppo concitato di gente alla sua destra. Alcuni erano in ginocchio, gli altri piegati in giù, ma tutti sembravano preoccupati. Qualcuno si era sentito male. “Per fortuna è già in ospedale” pensò, ed infatti vide subito arrivare un medico ed una infermiera che spingeva davanti a sé una barella.

Presero la donna riversa a terra e la portarono via. Marco non voleva crederci, era avvero Lucia quella? Si mise a correre come mai aveva fatto in vita sua e riuscì ad avere la certezza del suo pensiero un attimo prima che svanissero tutti dietro le porte di un’ascensore.

Dove la portano?

Chiese concitato ad un uomo che aveva assistito alla scena e aveva aiutato il personale medico a portarla via.

In cardiologia. Sembra abbia avuto un infarto. Poverina…speriamo che vada tutto bene.

Marcò impallidì. Si sedette come un sacco buttato dall’alto su una sedia e a capo chino piagnucolò: “è colpa mia, è tutta colpa mia”. Ci vollero dieci minuti prima che riuscisse a raccogliere le forze e a salire al quarto piano, al reparto di cardiologia. Era appena diventato padre ma il suo unico pensiero era quello di non perdere la donna della sua vita.

Ed è quando stai vivendo l’apice della felicità che ti ritrovi a vivere momenti di tristezza acuti. E’ una lotta interiore, resti ancorato al passato, con le sue abitudini e certezze o ti butti a capofitto nel futuro con tutti i rischi del caso?

Scegliere se essere felice per la nuova nascita o rispettare il dolore per la perdita dell’amica d’infanzia, non esiste una risposta.
Ci sono legami che nel corso della vita cambieranno forma, ma non smetteranno mai d’esistere…

PILLOLE DI FELICITà: NON è CIò CHE SEMBRA

 

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Nuovo giorno, nuovo capitolo… Scritto in collaborazione con NEOGRIGIO

TRE GIORNI DOPO.

“Lucia! Deivi pur uscire e cambiare aria!” “No non posso, metti che torna Ferenc, o peggio ancora, metti che mi stia spiando da qualche palazzo qui intorno, e aspetti solo un mio passo falso, non posso uscire, devo parlare con lui, devo chiarire con lui, e tu smettila di cercarmi! Altrimenti se ci vede chissà cosa pensa…”

“Sei una pazza paranoia!” “Io, tu!spargi seme a destra e sinistra come se non ci fosse un domani, parli di sentimenti che neanche conosci e la pazza paranioca sono io?Sentimi bene ragazzino! Smettila di tormentarmi! Io non voglio una storia con te.” “Io e te siamo legati dal filo rosso.” “Si, hai detto bene, e non mi venire troppo vicino, altrimenti il filo s’allenta ed io ho l’occasione per strozzarti!” “Ahi!ahi!ahi! Il ciclo questo mese è un problema, eh?”

“Sei tu il problema!Razza di idiota!”

NEL FRATTEMPO FERENC

“No mamma, non ci torno in città, voglio stare qui, in campagna con voi”

“Ferenc, parlane con me, cosa ti è successo? Non è possibile che tu abbia voglia di stare qui in campagna con noi, era il tuo sogno andare a vivere in città, volevi staccarti dalla routine contadina, volevi allontanarti da..da.. Com’è che si chiama? AH! Lo sai che è tornata al paese? Mi è sembrata di vederla qualche giorno fa giù al forno quando sono andata a prendere il pane.”

“Mamma, ti prego.”

“No, ma che c’entra? Te l’ho detto così, solo per darti un’alternativa, per poterti permetterti di parlare con qualcuno che ti conosca bene ma non sia un famigliare, ha anche un figlio, ma niente uomini al suo fianco.”

“Bene mamma, le hai fatto il terzo grado?” “Ma no! E’ ta

accidentalmente caduta la borsa, lei si è fermata e mi ha aiutato. Poi si è offerta di accompagnarmi al negozio ed abbiamo parlato del più e del meno, ha parlato quasi sempre lei, aveva bisogno di sfogarsi, ah!Un’altra cosa, un giorno di questi viene a farmi conoscere suo figlio, vuole fargli scoprire le sue radici, bello vero?” “Bello sì.”

“E tu invece? MI dici perché sei scappato dalla città?Lucia?Come mai non ti chiama? Avete litigato?” “Dai mamma. Per favore!”

“Ehi! Voi due!!!Ci sono visite! Forza, lasciate la veranda e venite di qua!!!”

“Ferenc?”

“Si. Tu sei?”

PILLOLE DI FELICITA’: AL MOMENTO SBAGLIATO

E…Rullo di tamburi!!!! Ecco che siamo ripartiti con la nostra storia.
Ora che il mio amico di penna si è sistemato possiamo riprendere questa storiella.
Ah?Volete sapere dov’è e cosa fa? Beh, visitate il suo blog: NEOGRIGIO

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L’incipit fu dei più crudi e diretti, senza giri di parole, senza nascondere nulla:

Con Carla non è andata, ed è stata tutta colpa mia. Il rivederti quella sera mi ha scatenato qualcosa dentro, qualcosa che forse è stato sempre presente ma che avevo nascosto da tempo. Ero ancora innamorato di te. Non potevo sposarla, non volevo prenderla in giro, ed il mio atteggiamento nei suoi confronti è cambiato già da quella sera. Ne abbiamo discusso, lei ha anche capito la situazione ed era ancora disponibile a sposarmi essendo sicura che mi sarebbe passata, di nuovo. Ma non sarebbe stato così, lo sapevo. E’ stata dura. Quella sera Carla ha urlato, ha pianto, mi ha tirato contro un intero set di stoviglie e posate, mi ha maledetto. Ne sono uscito col cuore a pezzi, pezzi che si sono ulteriormente rotti quando ho saputo che eri andata via. Solo qualche settimana dopo ho saputo che ti trovavi a Budapest, così ho fatto armi e bagagli e sono venuto a cercarti. Ma non sapevo nulla di te, dov’eri, come rintracciarti, ed i giorni passavano invano. Una sera in un pub, mentre bevevo una birra da solo, una ragazza si è avvicinata a me. Si è seduta, e abbiamo cominciato a parlare. A fine serata le birre erano diventare tre, quattro, per entrambi, e senza accorge cene ci siamo ritrovati a letto. Il resto già lo sai.

E di Carla? Non ne hai notizie?

No. O almeno non direttamente. Ho saputo in seguito che si è presa un periodo di aspettativa ed è partita, non so per dove, non so per quanto.

Scese un lungo silenzio imbarazzato. Lucia stava cercando di tirare le fila di quella lunga storia. Poi prese coraggio:

Marco, ma adesso cosa vorresti da me? Non ci vediamo da anni. In fondo eravamo solo bambini, siamo cresciuti adesso, siamo diversi, tu stai diventando padre, io ho una relazione con un altro uomo. Sei anche l’ex promesso sposo dell’unica persona che in questi anni ho davvero considerato una mia amica. Cosa vuoi da me?

Non voglio niente da te, voglio solo te.

Nel dire questo Marco si era proteso verso di lei con coraggio, prendendole le mani e stringendole tra le sue. Carla cercò di divincolarsi ma con poca vigoria. Si accorse di questo quando girandosi vide Ferenc in piedi a qualche metro di distanza. Capì subito di essere nei guai. Si alzò di scatto spingendo Marco verso la spalliera del divano ma

Ferenc era già andato via.

Rimase in piedi cercando di capire dove fosse andato quando si aprì la porta del reparto ed un’infermiera sorridente invitò Marco ad entrare.

Era appena diventato papà.