I GIORNI DELLA MERLA

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Sin da piccola sono stata una bambina curiosa, spesso con l’ avvicinarsi della fine di Gennaio sentivo dire dai “grandi”:

  • i ria i dé de la Merla, prepares perché al farà frecc! (arrivano i giorni della Merla, preparati perché farà freddo)

Ogni anno andavo da mia nonna e mi facevo raccontare la storia della Merla, tutt’ora conservo questo ricordo quando sul calendario vedo avvicinarsi il 29 Gennaio.

La storia che mi raccontava era questa…

Vedi Marta, devi sapere che tanti anni fa, Gennaio era di 28 giorni Febbraio era di 31 giorni ed i merli erano bianchi e non ci si basava solo sulla scienza.

Tanti anni fa esisteva il “Generale Freddo”, che grazie al suo potere, decideva l’andamento delle stagioni.

I Merli erano tutti bianchi, di un bianco candido, il loro becco era giallo come oggi, ma il piumaggio era bianco latte.

I Merli erano soliti il 28 di Gennaio, uscire dai loro nidi e sbeffeggiare il “Generale Freddo” perché oramai Gennaio era agli sgoccioli, e lui non poteva più lanciare tempeste di Freddo perché il “Generale Primavera” non gliel’ avrebbe permesso.

Così, il “Generale Freddo” stanco di essere preso in giro da questi insulsi uccelli bianchi decise di togliere 3 giorni a Febbraio e aggiungerli a Gennaio, così poteva sbizzarrirsi ancora un po’ con le tempeste di Freddo.

Raccolse tutto il fiato in suo possesso  e lanciò una tempesta terribile, che in men che non si dica fece gelare tutto, ma proprio tutto, i Merli furono costretti a nascondersi nei camini, l’unico luogo in cui potevano trovare un po’ di calore.

Dopo tre giorni uscirono dai loro nidi improvvisati e si accorsero che la tempesta era passata, i fili d’erba iniziavano a spuntare dal terreno e.. il loro piumaggio era diventato nero.

Provarono a lavarsi, ma nulla, non riuscivano più ad ottenere il loro candido colore.

Ecco perché i Merli sono color fuliggine e il 29 30 e 31 sono i giorni più freddi dell’ anno.

Oggi esistono molte filastrocche e leggende, a me piace pensare che questa storia sia vera.

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Che poi le cose che io non capisco sono tante, tralascia quelle che ancora non conosco e che quindi non so di non capire, ma tra quelle che conosco ce ne sono un sacco che non capisco.

Per esempio,

  • Non capisco perché gli italiani potrebbero fare una rivolta popolare se si bloccasse il calcio mentre le rivolte contro il governo le fanno esclusivamente seduti comodamente sul divano, nonostante ci siamo resi conto che da li non servono niente, dovremmo cambiare location.
  • Non capisco perché gli uccelli volano, i canguri saltano, i pesci nuotano.
  • Non capisco perché si dice che l’ abito non fa il monaco ma poi se ad operarti è una persona tatuata, con la barba ed i capelli blu ed il piercing al sopracciglio, al labbro e sulla lingua sei preoccupato tre volte di più.
  • Non capisco a cosa servono le cimici.
  • Non capisco perché spendiamo milioni e milioni per andare su altri pianeti e non andiamo in Africa a risolvere il problema della fame.
  • Non capisco perché gli uomini verso i trent’anni perdono i capelli.
  • Non capisco perché tutti ci lamentiamo del freddo in inverno e del caldo in estate.

Queste sono solo alcune delle cose che non capisco, sono le prime che mi sono venute in mente, forse non sono nemmeno le più importanti…

Però io queste cose non le capisco.

Perché forse…

In un tempo lontano esisteva una piccola comunità in cui tutti litigavano ma lo facevano a viso aperto e lo facevano in piazza, non usavano i cellulari, per fare pace organizzavano una partita di calcio.

Era una bella comunità viveva in mezzo alla natura era popolata di animali e per evitare scontri ed incidenti gravi avevano risolto il problema della circolazione insegnando agli animali a fare cose diverse.

Erano persone semplice che per identificarsi nei vari ruoli che ricoprivano si dipingevano il corpo con simboli e nomi.

Utilizzavano piccoli insetti verdi o marroni per coprire i buchi nelle capanne fatte di foglie e rami.

Spesso guardavano il cielo, immaginandosi cosa ci fosse oltre, finché uno non decise di partire, non è ancora tornato.

Avevano capelli lunghissimi, ma per evitare di inciampare se li strappavano.

Vivevano secondo le stagioni di Madre Natura, in inverno si viveva il focolare in estate il fiume.

Erano tempi diversi, ma forse ogni cosa era a suo posto, poi uno impazzì… e così…