CARO DIARIO…

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Caro diario, ieri, come solitamente fa la vita con me, e tu lo sai bene, in un momento un po’ sconfortante ricevi una notizia, positiva, forse di più.

Si è vero, era nell’aria, più di una volta lei l’ aveva detto.

Però, anche se si sapeva, nel momento in cui la ricevi resti di sasso, hai quei cinque sei secondi in cui non ti rendi conto di niente, in cui ti passa davanti una vita e poi ti riprendi.

E, fredda come al solito, ho risposto con un “auguri”, non perché non sia felice per lei, per loro, ma semplicemente perché sono fatta così, sono consapevole di essere un’amica anomala.

Io tendo a dimostrare il mio affetto, io sono la classica amica presente nel momento del bisogno, nel momento della felicità resto in disparte.

Potrebbe sembrare brutta come cosa, ma come al solito ho una mia teoria.

Sono convinta che le mie Amiche sappiano che possono contare su di me.

Sono convinta che così facendo, quando chiedi loro “come stai?” loro ti dicano esattamente come stanno e non sviino il discorso con un “bene” buttato lì, quando in realtà stanno attraversando una montagna.

Nello stesso modo credo che un’ Amica quando è felice non abbia bisogno costante di me, è già di per sé appagata, io in quel momento “non servo”, ci sono, ma preferisco restare in disparte e vederla felice.

Riesco a spiegarmi, Caro diario?

Non voglio e soprattutto non posso rovinare un “momento famigliare” tanto felice intromettendomi, se Lei ha bisogno lo sa, è già successo, ha avuto bisogno di me, è stato sufficiente un “ehi! Tutto bene?” per ascoltare e affrontare con Lei la montagna che d’ improvviso si è trovata davanti, fortunatamente è tutto passato e adesso è nuovamente Felice.

Caro diario, è proprio vero, la felicità arriva quando meno te l’ aspetti, devi impegnarti, ma lei ti colpisce così, all’improvviso…

Sono felice per lei, per loro, e nonostante non lo dica, perché lo sai, io a parole faccio fatica, sono certa che lei lo sappia.

Ecco, Caro diario, sicuramente le strapperò un’ altra volta una lacrima quando leggerà questo post, perché conoscendola sarà lì in trepida attesa.

Perché lo sai, no?? La mia prima reazione, quella dei cinque secondi di buio è stata “omioddiooo devo scrivere…..”, sono sicura che si aspetti qualche messaggio, qualcosa qualsiasi.

Caro diario, basta con queste smancerie, torno ad essere la solita stordita che scrive ciò che le passa per la testa.

Ciao Caro diario.

Buona giornata!

P.S.: Non dimenticarlo eh? hai visto l’ ennesima prova? quando meno te l’ aspetti la Felicità ti travolge…

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PANE E VOCABOLARIO

Questa mattina mi sono svegliata così, mi capita ogni tanto.

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Nella tratta casa lavoro, rigorosamente con la Claio e vista la stagione completamente bardata con mezzo armadio mi ritrovo a riflettere, in attesa che la gentilissima mamma davanti a me scarichi tutta la squadra di calcio che si ritrova in macchina e consegni ognuno al docente di riferimento, sul fatto che esistono parole che raramente utilizzo.

Strano eh?!? Spesso nel linguaggio parlato, con un interlocutore fisico oppure con me medesima, mi ritrovo a non utilizzare vocaboli appropriati per cedere a parole molto più comuni e di più facile comprensione.
Spesso, mi capita di utilizzare un linguaggio forbito quando sono arrabbiata e non connetto, ed altrettanto spesso mi stupisco quando terze persone usano con me un linguaggio che credono complicato solo per indurmi in inganno, solo per spostare la concentrazione sul significato di questa o quella parola piuttosto che sul concetto che stanno esprimendo.
Ovviamente, mi rendo conto solo dopo che la discussione è finita di tutti questi dettagli, ovviamente io uso un linguaggio ricco di aggettivi e sinonimi quando devo insultare qualcuno e lo faccio con una motivazione ben precisa.
Preferisco insultare lasciando all’ interlocutore l’ illusione che qualcosa di buono venga pronunciato da me piuttosto che spiattellare chiaramente il mio pensiero.
Mi diverto ad interagire con persone che prima di capire cosa ho detto stanno ancora pensando a “ma ce l’ ha con me?!?”
“Certo che ce l’ho con te! Sono arrivata alla fine del mio pensiero, ho scritto un articolo con il mio nuovo smartphone con la tastiera di ultima generazione che per usare ho dovuto leggermi tutto il bugiardino

, adesso in macchina, sono riuscita a pensare e scrivere uno sproloquio solitario, e tu??? Stai ancora scaricando l’ ultimo, o forse no, pargolo in mezzo alla strada in fila indiana, va bene che sei sulle strisce pedonali, ma non ci devi fare un pic nic. Devi muoverti perché io e le cinquecento macchine non troppo pazienti dietro di me dobbiamo fare qualcosa.”
Chiaro il concetto???
Pare di no.
Ora non mi resta che pubblicare questo articolo, e pensare al prossimo, prendendo spunto ancora una volta dal mondo che mi circonda, come nei migliori dei casi di Serendipità.

  • BARDATAbardare v. tr. [der. di barda]. – Munire un cavallo di barda o bardatura, mettergli i finimenti. Per estens., guarnire in genere; rifl., scherz., mettersi indosso abiti e ornamenti vistosi: come ti sei bardato! Nel linguaggio di cucina, avvolgere in fette di lardo, pancetta o prosciutto, la carne da cuocere. ◆ Part. pass. bardato, anche come agg.: cavallo riccamente bardato; in araldica, attributo del cavallo rivestito di bardatura di smalto diverso.
  • DOCENTEdocènte agg. e s. m. e f. [dal lat. docensentis, part. pres. di docere «insegnare»]. – 1. agg.

    a. Che insegna: il corpo d. della scuola; il personale d. delle università; il personale non d., nei varî ordini di scuole, i dipendenti che hanno cómpiti diversi da quelli dell’insegnamento (cioè segretarî, bidelli, tecnici di laboratorio, ecc.); Chiesa d., la Chiesa in quanto esercita il suo magistero, e particolarmente la gerarchia (opposto a Chiesa discente).

  • INTERLOCUTORE: s. m. (f. –trice) [der. del lat. interlŏqui «interloquire», part. pass. interlocutus]. – La persona con cui si parla:rivolgersi al proprio i.; interrompere il proprio interlocutore. In senso più ampio, chi prende parte a un dialogo, a una conversazione, a una discussione: questa scena si svolge tra due soli i.; Alcibiade è uno degli i. del «Simposio» di Platone; o chi costituisce la controparte di una trattativa di carattere politico, sindacale e sim.; o, con sign. meno definito, chi rappresenta il destinatario e partecipe, anche soltanto ideale (e spesso muto), di un dialogo, di un messaggio, e sim.

  • FORBITO1. Nitido, terso: le treccie bionde, Ch’oro f. e perle Eran quel dì a vederle (Petrarca).
    2. fig. Curato, raffinato, elegante: stile, linguaggio f.; un discorso forbito. Di persona, che parla o scrive con accuratezza formale: essere f. nel parlare, nello scrivere; con altro senso, che ha o ostenta modi garbati, compìto, educato: egli non è alcun sì f., al quale io non ardisca di dire ciò che bisogna (Boccaccio). ◆ Avv. forbitaménte, con forbitezza, con accuratezza ed eleganza formale: parlare, scrivere, esprimersi forbitamente.

  • SPROLOQUIOsprolòquio s. m. [der. del lat. proloquium «esordio, introduzione» (der. di prolŏqui «dire prima, annunciare», comp. di pro«avanti, prima» e loqui «parlare»), col pref. s- peggiorativo]. – Discorso prolisso, enfatico e inconcludente: fare uno s., degli s.;ascoltava … lo s. del notaio con una punta di fastidio (Jovine).
  • BUGIARDINO: s. m. [dim. di bugiardo], fam. – Foglietto di istruzioni dei medicinali, con allusione scherz. alla loro scarsa attendibilità.